“Perché non giochi più?”
“Ciao Massimo, piacere di conoscerti..Ti potrei elencare una lista infinita di motivi, ma prima o poi ci farò un video o un articolo visto che è tra le domande che ricevo più spesso…”
Questa conversazione di qualche giorno fa è il motivo per cui sto scrivendo l’articolo che stai per leggere.
Sono ormai un ex-professionista da qualche anno e molte persone che entrano in contatto con me hanno giustamente la curiosità di sapere perché ho smesso.
“Hai smesso perché perdevi?”
“Perché si smette di giocare ad un gioco così bello?”
“Cosa non ci stai dicendo?”
Queste sono alcune delle domande che magari ti sei fatto anche tu seguendo il mio blog, il mio canale youtube o cercando informazioni sui miei corsi.
Ognuno arriva a delle risposte, ma la verità è spesso più complicata di quanto sembrerebbe.
Sia chiara una cosa: sono una persona abbastanza riservata e mi è sempre fregato meno di zero di stare sotto i riflettori. Non ho particolari manie di protagonismo, non per come sono normalmente intese almeno..
Però visto che ho un’attività pubblica è giusto, legittimo e normale che alcune domande sorgano spontanee. Quindi fanculo la privacy per una volta ed ecco la risposta più vera e completa che posso darti.
Puoi prenderla come ti pare. Accettarla tutta, farti le tue idee ed interpretarla come ti piace, oppure pensare che siano tutte cazzate. Poco mi importa. Da oggi in avanti chi mi chiede perché ho smesso riceverà il link di questo articolo come risposta. Quindi:
Perché si smette di essere un professionista di poker?
Di recente ho fatto una domanda simile a degli ex giocatori di tennis. Essendo preso male con questo sport per me è inconcepibile posare la racchetta e smettere. Magari lo farei se fossi costretto a seguito di un infortunio, altrimenti passerei ogni ora disponibile a rincorrere palline come un cagnolino felice.
Eppure c’è tanta gente che ad un certo punto..smette. Perché?
Per provare a capire ho iniziato a chiedere, poi mi sono semplicemente accorto che bastava guardare indietro alla mia esperienza personale..Non sono vecchio anche se ormai ho smesso di chiamarmi ragazzo, ma ho già un nutrito elenco di attività che mi appassionavano tantissimo in passato e che adesso non pratico più.
Una su tutte? Il tiro con l’arco.
L’ho praticato per anni, addirittura è stata una delle motivazioni principali che mi ha spinto a scegliere un liceo specifico (si hai capito bene, io ho scelto il liceo scientifico perché facevano il corso di tiro con l’arco, al classico e al commerciale non lo facevano, quindi fanculo il greco, il latino e la ragioneria!).
Ci passavo giornate intere. Poi è arrivato il poker, la domenica non potevo più fare le gare perché facevo le sessioni, e ho smesso.
Dopo anni che fai qualcosa che sembra essere un pezzo della tua vita puoi ritrovarti a lasciare perdere quasi da un giorno all’altro, perché semplicemente:
- Non ti piace più come prima;
- Hai voglia di fare altro e non hai tempo per tutto.
Col poker è stato lo stesso, ad un certo punto non avevo più voglia di giocare come prima.
Come è potuto succedere? Un motivo è che ho sempre fatto tutto con una grande intensità.
Iniziando a giocare a poker ho iniziato a respirare solo carte e chips per anni. Questo mi divertiva un sacco all’inizio, ma poi mi ha stufato. Ho giocato tanto perché mi piaceva, ho smesso perché non mi piaceva più.
Ma non è solo questo.
Presto il poker è diventato un business per me, e questo inevitabilmente cambia lo stato delle cose:
Ciò che ti diverte perché ti fa dimenticare i problemi della giornata, diventa esso stesso il problema della giornata.
Non fraintendermi: ci sono aspetti positivi e negativi. Però giocare a poker e fare il professionista sono due sport diversi, e non parlo di quanto devi essere bravo a giocare, ma di ciò che ti richiedono.
Proprio ieri rispondevo ad un ragazzo che mi parlava delle sue vincite nei tornei concludendo: “Non posso ancora definirmi professionista, ma sono contento dei risultati che sto ottenendo”.
E io sono contento per lui, ma ho voluto chiarire che vincere occasionalmente un torneo e diventare professionista sono due cose completamente diverse.
Si passa dal gioco al business, dal passare il tempo al lavorare.
Con tutto ciò che da ciò deriva, primo fra tutti l’intensità e la serietà che devi metterci, oltre che la disciplina e tutto il resto.
Ogni tanto divago perché questo articolo è un po’ così…serve a parlare della mia esperienza, ma più che altro per dare spunti di riflessione a te.
Magari ti chiedi: com’è essere professionista? Cosa significa? Ecco, è così.
Il secondo motivo per cui ho smesso di fare il professionista è che arrivato ad un certo punto avevo una scelta chiara come il sole davanti a me: se volevo continuare dovevo andare all’estero.
In Italia ho sempre guadagnato, anzi quando ho smesso stavo giocando il miglior poker della mia vita e stavano crescendo i guadagni e la costanza dei risultati.
Però dopo 27000 tornei mi ero rotto le scatole di rimanere fermo ai soliti tornei italiani. A 23 anni non hai voglia delle entrate fisse, vuoi conquistare il mondo…o almeno così dovrebbe essere nella mia visione delle cose.
Giocare sessioni di poker stava diventando come timbrare il cartellino e fare il turno in fabbrica.
Non mi stimolava più e l’unica alternativa che avevo a smettere era andare sul .com. In quel momento non ero per nulla pronto e disposto a pagare il prezzo necessario.
Quale prezzo? Ogni risultato che vuoi ottenere richiede un prezzo da pagare.
Nel poker è suppergiù questo:
- Grindare tanto;
- Studiare ogni giorno;
- Dotarti di un bankroll adeguato;
- Affrontare oscillazioni pesanti per tutta la tua carriera;
- Gestire una pressione psicologica altissima in ogni sessione;
- Passare intere giornate davanti ad un computer.
Potrei continuare, e ci tengo a chiarire che il rovescio della medaglia è una vita che molti si sognano.
Un professionista bravo può diventare ricco, famoso (almeno nel suo settore), conoscere gente importante, girare il mondo, lavorare da dove gli pare (e spesso in posti bellissimi).
Raggiungere questo tipo di risultato ha un prezzo da pagare.
Molte persone non sono disposte a fare i sacrifici necessari per raggiungere questo tipo di risultati. Le persone vogliono la pappa pronta, vogliono diventare Phil Ivey con un colpo di bacchetta.
A volte lo vedo anche tra i miei corsisti che sono convinti che ascoltare mezza volta ciò che dico nelle lezioni fa di loro dei gran giocatori. Non è così.
Io ti do le informazioni, tuo è il compito di utilizzarle bene.
Io sono stato disposto a pagare il prezzo per molti anni, ho raggiunto alcuni risultati importanti, ho fallito in altre cose e ad un certo punto non avevo più benzina per continuare.
Il terzo motivo che mi ha spinto a smettere riguarda la salute.
Continuare a svegliarmi alle tre di pomeriggio e andare a dormire alle sei di mattina mi dava troppo fastidio, troppo stress e mi faceva stare troppo male.
A me non è mai piaciuto questo tipo di vita. Oggi mi sono alzato alle sei per lavorare, e non ho nessun capo che mi obblighi a svegliarmi all’alba: mi piace e lo faccio.
Questo risponde in modo più o meno completo alla domanda “Perché hai smesso di giocare?”, adesso però passiamo alla domanda vera che alcuni non hanno il coraggio di farmi in modo diretto:
Perché dovrei imparare da te se non giochi da anni?
Alla fine è questo ciò che vuoi sapere sul serio, che forse ti frena dall’investire nei miei corsi..ed anche questa è una domanda legittima, quindi ti rispondo.
Intanto ci tengo a chiarire subito che un conto è smettere di fare il professionista, un altro è smettere di giocare, un altro ancora è smettere di studiare.
Sono tre cose profondamente diverse.
Di fatto io non sono mai uscito dal mondo del poker. Appena smesso di fare il professionista ho subito intensificato il coaching, e ho messo assieme tutto ciò che non andava in decine di giocatori che seguivo per creare la prima edizione del corso VarianzaZERO.
Ottobre 2016, lo ricordo ancora come fosse ieri. Tutto il mese di agosto l’ho passato a lavorare sulle slide del corso, mettendo assieme le informazioni che possedevo come giocatore e come coach e cercando di far quadrare ciò che sapevo e ciò che serviva ai giocatori che vedevo in giro.
A settembre ho registrato tutte le videolezioni. Ad ottobre era tutto pronto e ho iniziato a vendere le prime copie e ricevere i primissimi feedback entusiasti (li trovi qui: https://coachingmtt.com/testimonianze/).
Nei mesi e negli anni ho sempre seguito l’evoluzione del poker e fino a ieri ho fatto un’ora di lezione con un professionista per delle cose specifiche su cui volevo confrontarmi.
Sono convinto che per lavorare meglio come formatore e divulgatore è meglio se passo il tempo a studiare piuttosto che giocare, quindi conosco bene cosa è cambiato, e cosa invece non è cambiato per nulla. Ma procediamo per gradi.
Il passaggio fondamentale che non puoi saltare per imparare a giocare a poker
Una delle abilità che ho sviluppato negli anni è la didattica. Non mi piace insegnare, forse per il mio carattere riservato di cui ti parlavo prima, ma sono diventato bravo a farlo.
Soprattutto nel poker. Per quanto esistano molti giocatori in gamba, io non conosco nessuno che è veramente in grado di trasferire determinati concetti in modo chiaro. Cold call, 4bet, donkbet, leada, shova, tanka…ti sembra italiano questo? Questo è pokerese.
Insegnare significa trasferire una conoscenza da un cervello ad un altro. Sta tutto qua. Il modo migliore per farlo è quello di Matrix, ma nella vita reale è un’operazione molto complessa e delicata. Pensaci:
- Io ho un’idea, un concetto nella mia testa.
- Lo traduco in parole.
- Tu ascolti le mie parole.
- Poi ti formi un’idea di quello che ho detto.
In questi quattro passaggi c’è una enorme dispersione di informazioni tale per cui se io volevo parlarti dei galli e tu hai capito cipolle. Ieri sono uscito con una tipa francese e per gioco ci parlavamo nelle nostre rispettive lingue invece che in inglese.
Il risultato? Io non capivo un’acca, anche se in teoria lo so leggere, conosco la grammatica e tutto (lei capiva me, ma solo perché è un mostro con le lingue).
Quando una persona ti parla in una lingua che conosci poco non capisci tutto ciò che ti dice.
Dov’è il problema con il poker?
Ricordi cosa ho detto prima? Insegnare è trasferire idee da una testa all’altra senza disperdere informazioni. Se ti parlano pokerese e tu non capisci al 100% c’è una marea di informazioni disperse, quindi diventa difficile imparare e ti tocca interpretare sperando di aver capito bene.
Una cosa è saper giocare, un’altra è saper insegnare.
Il pokerese non è che il simbolo delle pochissime abilità didattiche di qualsiasi giocatore di poker professionista, parlare non è insegnare.
Quello che devi capire è che io mi trovo in una posizione davvero particolare. Un giocatore normale è una persona che:
- Passa la vita dietro un pc da solo;
- Ha difficoltà a parlare con la gente;
- Ha un cervello matematico/da ingegnere;
Il giocatore professionista è un pò così. Geniale per certi versi, introverso e incapace a relazionarsi dall’altro. Con pregi e difetti della situazione, ma se parliamo di insegnare, di trasferire informazioni in modo chiaro e preciso, di farti capire come migliorare il tuo gioco, allora il professionista classico è in una situazione molto scomoda.
Come lo ero io fino a qualche anno fa, prima di iniziare a sviluppare abilità relazionali, di vendita, di marketing e soprattutto di insegnamento visto che per anni ho lavorato giorno dopo giorno in aziende che vendono formazione a migliaia di persone.
Chiuso questo passaggio sulla didattica veniamo al vero cuore del problema: il passaggio fondamentale che chi vuole imparare a giocare a poker salta o fa troppo di fretta:
Il primo step è imparare a raggiungere scelte profittevoli in ogni mano che giochi.
Ne parlo da sempre, e ultimamente insisto sulla differenza tra:
- Giocare le carte;
- Giocare i numeri.
Giocare le carte è ciò che fanno i principianti.
Costruiscono la loro decisione SOLO sulle carte e sui punti che hanno. Non riconoscono altro. Un giocatore bravo gioca i numeri, li analizza, elabora le informazioni in base ai dati disponibili e fa una scelta basata sui numeri.
Ecco perché, ad esempio, esistono bot in grado di esprimere un poker profittevole (un bot è un programma che gioca al posto delle persone, e cosa fa un programma? Utilizza i numeri per raggiungere decisioni corrette).
E’ ciò che devi fare anche tu per iniziare a giocare bene a poker.
Devi imparare quando una scelta è profittevole, perché, come utilizzare le informazioni che hai nel modo corretto, come circostanziarle a seconda del momento del torneo, degli avversari che hai.
Questo processo è alla base di una decisione corretta in una mano di poker e lo sarà sempre. Il poker si evolve, vero. Ma le regole del gioco son sempre le stesse, quindi il passaggio fondamentale resta sempre uguale.
Non cambia dai tempi di Doyle Brunson che vince il main delle Wsop con dieci e due (conosci la storia della Doyle’s hand vero? La mano con cui Brunson vinse due Main Event Wsop consecutivi, un misero dieci e due di colori diversi).
Che tipo di cambiamento c’è a questo livello? Che negli anni settanta non si sapeva ancora bene come valutare una scelta corretta, studiando il poker si è arrivati piano piano al concetto di valore atteso, di pot odds, e via via fino ai discorsi sulla GTO che iniziano a farsi strada anche in Italia.
Oggi c’è una conoscenza più diffusa e più precisa. Cosa vuol dire? Che da un lato puoi giocare un poker più complicato e difficile che trent’anni avrebbero potuto solo immaginare, dall’altro lato sei costretto a studiare anche e soprattutto se non sei un professionista, altrimenti ogni volta che giochi un torneo vieni massacrato da chi padroneggia le basi di un poker vincente.
Il lato positivo per te è che non ho mai visto nessuno spiegare come costruire scelte profittevoli come lo faccio io nel corso VarianzaZERO. Nessuno! Nemmeno in percorsi di coaching uno ad uno, ne in libri o altro. Io per anni ho ragionato ed elaborato questo passaggio cruciale per me, ed ora è messo a tua disposizione nei miei corsi.
Come rimanere sempre aggiornato?
Il secondo livello di studio è quello situazionale, cioè capire cosa è profittevole a seconda delle varie situazioni che ti si presentano. Perché se è vero che puoi raggiungere decisioni corrette in ogni mano che giochi, è anche vero che spesso:
- Non hai tempo per fare tutti i ragionamenti necessari;
- Ci sono scenari di gioco che si ripetono torneo dopo torneo e puoi studiarli per essere preparato ad affrontarli.
Questo è uno studio che non finisce mai, perché il poker cambia di continuo (anche se molto più lentamente di quanto si crede).
Nel mio corso lavoro molto anche in questa direzione, ma metto il focus su quelle situazioni di gioco specifiche che possono essere utilizzate per ridurre la varianza.
Non è un corso enciclopedico dove ti mostro tutto ciò che puoi fare in ognuna delle decine di migliaia di situazioni di gioco possibili. Il corso si chiama VarianzaZERO per un motivo:
- Ti insegno come costruire scelte profittevoli, perché è la base di tutto;
- Ti mostro una serie di strategie specifiche per ridurre la varianza nel breve periodo.
Già questo risolve il 70-80% dei problemi del tuo gioco. Perché lo so? Perché ogni volta che gioco (si ho ripreso a giocare con una certa costanza) sia live che online vedo centinaia di porcate, e perché conosco il gioco di chi studia i miei corsi e vedo come ragiona e decide in modo sbagliato.
Spesso si cerca la tecnica segreta, il trucco magico o il corso finale che ti permetterà di diventare un campione.
La verità è che per diventare un campione ti basta partire dalle basi e studiare un piccolo pezzo alla volta, giorno dopo giorno, correggendo tutte le scelte non profittevoli che fai quando giochi e moltiplicando quelle profittevoli.
Lavora su questo prima di tutto, altrimenti non potrai mai passare allo studio situazionale e avanzato di cui credi di aver bisogno.
Torniamo un attimo al tennis. Io posso studiare tutti gli schemi di gioco di sto mondo:
- Battuta esterna e corro a rete per chiudere il punto al volo.
- Tiro lungolinea per aprirmi il campo e tirare dall’altra parte con un buon angolo o in contropiede;
- Palleggio ad alta intesità perché prima o poi sbaglia lui;
- Gli do palle basse più difficili da rimandare così le manda a rete o fuori campo;
- Faccio la palla corta dopo averlo buttato fuori dal campo.
C’è un solo problema: devo saper tirare tutti i colpi bene. Devo padroneggiare dritto, rovescio, voleè, palla corta, battuta. Se non padroneggio i fondamentali e provo ad applicare gli schemi sai cosa succede? Che sono io a buttare le palle fuori e regalare punti al mio avversario!
Ti svelo un segreto: nel mio corso dico che non devi limpare, cioè non devi fare call se sei il primo a parlare.
Negli ultimi tornei che ho giocato una delle mosse che ho aggiornato in è proprio il limp. Sai perché? Perché ho applicato la stessa analisi che insegno e mi sono accorto che in alcune mani fare solo call era più profittevole.
Allora perché continuo ad insegnare il contrario nei miei corsi? Perché prima di pensare a giocare un poker “avanzato” devi padroneggiare un poker solido e profittevole.
Se io ti consigliassi di fare dei limp ti metterei in decine di mani complicate dove io ho l’esperienza per districarmi, tu probabilmente no.
Perché lo so? Ancora una volta: vedo i tornei giocati dai miei allievi e vedo cosa continuano a sbagliare anche dopo aver studiato il mio corso dieci volte. Costruire un poker profittevole è un processo a medio-lungo periodo, non lo fai in due giorni.
L’unico modo per farlo nel minor tempo possibile è concentrarti sulle cose fondamentali senza distrarti con quelle “avanzate” che non puoi ancora padroneggiare e che ti porterebbero solo a perdere più chips, soldi e tornei.
Prima imparare a fare bene ciò che spiego, poi andiamo al livello successivo.
Puoi non ascoltarmi e fare di testa tua, mica ti obbligo. Però se poi ti trovi a giocarti mezzo stack in ogni mano senza capire come e perché sono affari tuoi. Tiriamo le fila di questo discorso che sta diventando lunghissimo.
Puoi imparare qualcosa da me anche se non faccio più il professionista e non sto più sei ore al giorno al tavolo?
Intanto mi viene da dire che la mia posizione di non professionista mi mette in condizione di dirti tutto senza filtri e senza tenere nulla per me.
Non ho conflitto di interesse.
Poi non pretendo di insegnarti tutto. Ti ho detto che mi ritengo un bravo insegnante, e so cosa posso darti e cosa non posso darti. So che posso aiutarti a compiere quel salto di qualità ormai necessario per giocare a poker, anche e soprattutto se sei un amatore che gioca pochi tornei e che si trova ad affrontare professionisti e giocatori capaci agguerriti che ogni sera lottano per prendere le tue chips e sbatterti fuori dal torneo.
Negli anni ho dimostrato che il mio corso è stato apprezzato e ha aiutato moltissimi giocatori. Proprio sabato scorso ho ricevuto l’ultimo feedback entusiasta di una persona che aveva comprato il corso qualche mese fa e poi non si era fatto più sentire.
Non li pubblico tutti perché a volte le persone non vogliono esporsi, altre volte mi dimentico io di chiedere una recensione pubblica. Ma ce ne sono moltissime disponibili e penso di essere l’unico ad avere utilizzato per anni una garanzia totale sull’acquisto.
Ho dei problemi a giocare un buon poker oggi? Qualcuno si chiede anche questo.
La prima risposta è che ciò non c’entra proprio nulla con la mia capacità di insegnarti qualcosa di utile per il tuo gioco.
La seconda è che, si, lo ammetto. A volte mi trovo a disagio in alcune situazioni in cui devo ricostruire tutto da zero. Non ci metto sempre tre secondi a riconoscere una scelta profittevole. A volte devo ragionare bene, ricostruire la mano e fare un po’ un salto nel vuoto.
Spesso va bene, ogni tanto va male e devo ristudiare post sessione.
Però so come affrontarle queste mani difficili. So come aggiornarmi in poco tempo, come scoprire subito un mio errore e correggerlo. Sai come lo faccio? Applicando la base base di quello che spiego nel corso VarianzaZERO.
Finiamo qua, se vuoi saperne di più: www.varianzazero.com